Con il presente contributo inauguriamo la Guida pratica al testamento. In questo primo articolo si analizzeranno i principi generali in materia testamentaria, la capacità di disporre per testamento, il contenuto del negozio testamentario e le forme di testamento previste dal nostro ordinamento, messe a disposizione dell’autonomia privata per la manifestazione delle proprie volontà per il tempo in cui si sarà cessato di vivere.
Ai sensi dell’art. 456 c.c., la successione si apre al momento della morte, nel luogo dell’ultimo domicilio del defunto.
La successione può essere legittima o testamentaria. La successione legittima si apre soltanto in assenza di disposizioni testamentarie; successione legittima e testamentaria possono anche coesistere quando, in presenza di disposizioni testamentarie, occorre disciplinare la sorte dei beni non ricompresi nelle stesse.
Ai sensi dell’art. 587 c.c., il testamento è un atto con il quale taluno dispone di tutte le proprie sostanze o di parte di esse per il tempo in cui avrà cessato di vivere.
Il contenuto tipico del testamento è rappresentato dalle disposizioni di carattere patrimoniale, con le quali taluno appunto “dispone” delle proprie sostanze per il tempo successivo alla propria morte. Il testamento può contenere però anche disposizioni atipiche, di carattere non patrimoniale, quali il riconoscimento di un figlio nato fuori dal matrimonio (art. 254 c.c.), la designazione di un tutore (art. 348 c.c.), la dichiarazione di riabilitazione di un indegno (art. 466 c.c.) o le disposizioni sulla cremazione del cadavere (art. 79 D.P.R. 285/1990) e sulla dispersione delle ceneri (Legge 20 marzo 2001 n. 130).
La prima caratteristica che viene evidenziata di questo atto è la sua revocabilità: si è voluta assicurare la piena libertà del testatore in ordine alla regolamentazione post mortem dei propri interessi, libertà ribadita anche dall’art. 679 c.c., che vieta ogni rinunzia alla facoltà di revocare le disposizioni testamentarie. Si suole dire che “ambulatoria est voluntas defuncti, usque ad vitae supremum exitum”: fino all’ultimo istante della sua vita il testatore è libero di cambiare il proprio volere, senza che sia ammessa alcuna interferenza da parte di terzi. Principio cardine del nostro sistema è l’art. 458 c.c., che statuisce la nullità di qualsiasi patto successorio, ossia di qualunque accordo in ordine all’istituzione di erede, alla disposizione di diritti successori o alla rinunzia agli stessi.
Il testamento è un atto a causa di morte, privo di qualsiasi efficacia nei confronti dei terzi prima che si verifichi l’evento morte, non recettizio, nel senso che la sua efficacia non è subordinata ad alcun onere di comunicazione a terzi, ed unilaterale: esso contiene soltanto la manifestazione di volontà del disponente, rispetto alla quale l’accettazione del chiamato all’eredità si pone come negozio autonomo e separato, non come accettazione di una proposta, ma come esercizio del diritto di far propri gli effetti successori.
E’ un atto personalissimo, che può essere compiuto soltanto dal soggetto interessato e capace e non tramite un rappresentante legale o volontario da chi non ha piena capacità di disporre dei propri diritti: non possono validamente disporre per testamento i minori (ancorché emancipati), tramite la rappresentanza dei genitori, e gli interdetti, a mezzo del tutore (art. 591 c.c.). Possono invece testare gli inabilitati e, in linea generale, i beneficiari di amministrazione di sostegno, a meno che gli stessi non si trovino in stato di incapacità naturale o che non sia diversamente disposto nel decreto di nomina dell’amministratore di sostegno. Si precisa al riguardo che l’art. 411, ultimo comma, c.c., attribuisce al Giudice Tutelare la facoltà di estendere al beneficiario di amministrazione di sostegno alcune delle incapacità previste per l’interdetto e l’inabilitato: secondo una parte della dottrina, però, nel caso in cui, nel corso di un procedimento per la nomina di amministratore di sostegno emerga uno stato di incapacità del potenziale beneficiario, tale da far propendere per l’esclusione addirittura della capacità di testare, ebbene, in questo caso sarebbe doveroso trasmettere gli atti al Tribunale competente per l’apertura del procedimento di interdizione. Possono validamente testare, infine, i falliti, nonché coloro che versano in stato di interdizione legale, pena accessoria quest’ultima conseguente alla condanna all’ergastolo o alla reclusione per un tempo non inferiore a cinque anni (art. 32 c.p.).
Il testamento è un atto a titolo gratuito, in quanto realizza delle attribuzioni senza corrispettivo, ma non sempre è una liberalità, dal momento che da esso può non discendere un arricchimento del beneficiario della disposizione, ad esempio nel caso in cui l’eredità sia oberata di debiti (damnosa hereditas).
Il testamento è un atto formale, per il quale è richiesta ad substantiam una della forme tipiche espressamente e tassativamente stabilite dagli articoli 601 e seguenti c.c.: testamento olografo, testamento pubblico, testamento segreto o testamenti speciali. Il rigido formalismo al quale è sottoposto il testamento dal nostro legislatore è dovuto all’estrema importanza che questo atto ha da sempre rivestito in tutti gli ordinamenti giuridici. A differenza che nel diritto romano, ove era consentita la proclamazione solenne e pubblica, con l’utilizzo di speciali formule, dell’erede testamentario, non è ammesso nel nostro ordinamento il testamento orale (detto nuncupativo).
Il testamento olografo, che rappresenta la forma più semplice ed utilizzata di testamento, è quello scritto per intero, datato e sottoscritto di mano del testatore (art. 602 c.c.). E’ una scrittura privata, che può essere conservata dal testatore fino alla morte o depositata fiduciariamente presso un Notaio, al fine di garantirne maggiormente la conservazione ed evitare qualsiasi rischio di smarrimento od alterazione. Può essere confezionato esclusivamente da chi sa leggere e scrivere.
Il testamento pubblico è un vero e proprio atto pubblico, ricevuto dal Notaio alla presenza di due testimoni (art. 603 c.c.). È il solo testamento notarile in senso stretto, in quanto il Notaio riceve la volontà testamentaria e redige l’atto. Si tratta della forma testamentaria più solenne, alla quale possono accedere tutti, anche coloro che non sanno leggere e scrivere, che presenta il vantaggio di un rigoroso accertamento della volontà del testatore e di una guida tecnica nella redazione, corredato però dallo svantaggio della maggiore gravosità di spese.
Il testamento segreto è una forma praticamente inutilizzata nella pratica, disciplinata dagli articoli 604 e seguenti del Codice Civile; può essere scritto dal testatore o da un terzo, a mano o con mezzi meccanici; può essere fatto da chi non sa scrivere, ma non da chi non sa leggere. La carta sulla quale è scritto il testamento deve essere consegnata ad un Notaio, che, alla presenza di due testimoni, redige un verbale di deposito: si configura, secondo l’orientamento dominante, un atto complesso, costituito dalla scheda testamentaria e dall’atto notarile di ricevimento. Ciò che rimane segreto è il contenuto delle disposizioni di ultima volontà, ma non il fatto di aver confezionato il testamento.
Il Codice Civile disciplina poi, agli articoli 609 e seguenti, alcune forme tassative di testamenti speciali, che sono previste allo scopo di facilitare la manifestazione di volontà del testatore in particolari circostanze nelle quali non è consentito o non è agevole ricorrere al Notaio. Si tratta del testamento in occasione di malattie contagiose o calamità pubbliche o infortuni, dei testamenti a bordo di nave o di aereo e dei testamenti dei militari in zone di operazioni belliche o prigionieri. Sono testamenti pubblici ricevuti da persone che rivestono determinate cariche (il Giudice di Pace, il Sindaco, il Ministro di Culto, il Comandante di nave o di aereo, il Cappellano militare), con requisiti formali molto ridotti e con efficacia temporale di tre mesi dal ritorno alla situazione normale.
Il testamento biologico, nonostante la terminologia utilizzata, non è un vero e proprio testamento: con questa espressione si indica il documento con il quale un soggetto, in previsione della propria futura incapacità, detta disposizioni inerenti alle cure mediche cui intende o non intende sottoporsi ed, eventualmente, nomina un tutore. Non si tratta di un testamento in senso stretto, poiché non è un atto dispositivo delle proprie sostanze per il tempo successivo alla morte, ma è un negozio giuridico unilaterale inter vivos, avente ad oggetto la vita stessa del disponente, la cui efficacia è differita ad un momento successivo coincidente non con la morte del disponente, ma con il prodursi di uno stato di incapacità psichica, antecedente alla morte. L’istituto, che fino a pochi mesi fa non era disciplinato dal nostro legislatore, ha trovato finalmente un riconoscimento ed una specifica regolamentazione nella Legge 22 dicembre 2017 n. 219, recante “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento”, in vigore dal 31 gennaio 2018. A ciascun individuo maggiorenne e capace di intendere e volere è attribuita la facoltà di dettare le proprie DAT (Disposizioni Anticipate di Trattamento), esprimendo le proprie volontà in materia di trattamenti sanitari.