Ogni minuto, nel mondo, muoiono almeno cento persone. In Italia, in media, nel 2017 è morta una persona ogni minuto e 14 secondi. Ognuno di questi decessi è stato causa di sofferenza per qualcuno e di lavoro e profitto per qualcun altro. Negli Stati Uniti il settore delle imprese funebri vale 16 miliardi di dollari l’anno e, secondo dati più o meno aggiornati e precisi, vale tra i 2 e i 3,5 miliardi di euro in paesi come Germania, Francia, Regno Unito e Italia. In Italia ci sono più di seimila imprese di pompe funebri, quasi tutte con meno di dieci dipendenti, una su due aperta dopo la liberalizzazione del 1998. Nel 2017 in Italia sono morte 10,6 persone ogni mille abitanti; nel 2050 si stima che il quoziente di mortalità arriverà al 13,7 per mille. E ci sono previsioni simili anche per gran parte del resto del mondo.
Tutto questo per dire con i numeri quello che di certo dice anche qualche proverbio e qualcuno seduto in qualche bar: il lavoro che riguarda cosa succede dopo la morte di una persona è sempre esistita e, a quanto pare, più si andrà avanti e più lavoro ci sarà. Ma non è vera quella storia per cui sia un settore che non conosce crisi, come ha raccontato l’Economist: l’approccio di molte persone alla morte e ai funerali sta cambiando e il settore delle imprese funebri potrebbe trovarsi sempre più in difficoltà. È uno di quei casi in cui o ci si adatta o si rischia di chiudere: perché «le norme sociali stanno cambiando e la competizione e la tecnologia stanno scombussolando un business che non voleva cambiare e che si approfittava della situazione», e perché «i familiari dei defunti sono più informati e non vogliono più pagare, senza fare domande, quello che viene detto loro di pagare».
Dopo la morte, finora
Senza contare i riti di certe religioni o culture (i tibetani in certi casi praticano ancora la sepoltura celeste, lasciando i corpi in cima alle montagne), molte religioni e tutte le legislazioni prevedono che il corpo di chi muore sia cremato, inumato (cioè sepolto in terra) o tumulato (cioè messo in un loculo o una tomba, ma non inumato). L’Economist ha scritto che negli Stati Uniti un funerale costa almeno 9mila dollari; in Italia ce la si può cavare con 2-3mila euro (ovviamente si può spendere anche molto di più), tra feretri, camere ardenti, servizi di vestizione, trasporto, fiori, manifesti, libretti delle firme, eventuale imbalsamazione, tumulazione, cremazione o inumazione. Poi c’è da pagare “l’affitto” del loculo o del posto in terra.
Un po’ ovunque – ma in particolare in Italia, dove ci sono tante piccole aziende locali – finora succedeva spesso che alla morte di qualcuno i familiari andassero dall’impresa di pompe funebri di riferimento e, senza fare troppe domande, accettassero i servizi offerti. Nel 2017 Giovanni Caciolli, segretario della Federazione Comparto Funerario Italiano, spiegò a Pagina99 che in Italia «non esiste nessuno che sia capace di operare in una dimensione sia pure regionale. C’è qualche azienda che fa dai mille servizi in su, poi ci sono le imprese di medie dimensioni che fanno da 120 a 150 servizi funebri e poi c’è una miriade di piccole aziende che fanno dai 10-15 servizi fino ai 100-120 all’anno».
Dopo la morte di qualcuno, i vivi agiscono comprensibilmente nella fretta e nel dolore, con poca voglia di trattare sul prezzo e, forse, con la sensazione che andare al risparmio sia una mancanza di rispetto verso il defunto. Come ha scritto l’Economist, «con dei clienti mansueti, ci si può permettere di offrire servizi di bassa qualità a prezzi alti», anche perché tra clienti e operatori del settore c’è una rilevante «asimmetria di conoscenze».
Cosa sta cambiando
Tre cose, secondo l’Economist. Prima cosa: in molti stati dell’Occidente le religioni stanno perdendo presa e le possibilità di riti funebri si stanno allargando, aprendosi a proposte meno convenzionali. Seconda: la cremazione si sta affermando sempre più anche in paesi tradizionalmente molto religiosi e poco inclini, come l’Italia. Terza: «Internet sta cambiando la morte così come ha cambiato la vita», perché permette di confrontare offerte, ottenere informazioni, scoprire possibilità e alternative.
Nessuno sta ancora scrivendo l’epitaffio dei riti funebri tradizionali. Ma l’industria dovrà adattarsi al cambiamento. I primi segnali già ci sono negli Stati Uniti, dove ci si aspetta che i ricavi del settore resteranno simili all’anno passato nonostante un aumento delle morti, che, alla fine, sono quello che dà da vivere a questo settore. L’effetto più importante di questi cambiamenti non saranno funerali meno cari. Sarà un più profondo cambiamento nel modo in cui si gestisce quella che è forse la più personale delle decisioni: la gestione degli addii.
La cremazione
La cremazione – l’incenerimento della salma tramite combustione – ha due grandi vantaggi rispetto alle alternative: le ceneri occupano meno spazio di una bara e il procedimento è meno caro. David Nixon, che opera nel settore, ha detto: «Servono due cremazioni per guadagnare quanto si guadagna con una sepoltura». La sepoltura continua a essere la norma in paesi religiosi come l’Italia e l’Irlanda (dove è fatta nel 77 e nells’82 per cento dei casi), ma ha già smesso di esserlo negli Stati Uniti e nel Regno Unito, dove viene fatta in meno di un decesso su due. Le analisi degli ultimi decenni e le proiezioni sul futuro dicono che la cremazione guadagnerà sempre più spazio, togliendo una serie di guadagni nell’indotto del settore funerario.
La cremazione può diventare ancora meno cara quando è fatta in modo “diretto”. Significa che l’atto della cremazione è fatto in assenza dei familiari, senza riti o cerimonie. Jan-Jaap Palma è uno dei proprietari della società olandese Uitvaart24 (“Funerale24”), che offre cremazioni per 1.250 euro; ha detto: «Abbiamo iniziato tre anni fa e ora facciamo 2.600 cremazioni l’anno». Di cremazione diretta si parlò molto un paio d’anni fa, quando fu fatta per David Bowie, in base a una sua precedente decisione; negli Stati Uniti ora è “diretta” una cremazione su tre.
Le ceneri sono più comode per chi dovesse spostarsi da una città all’altra (una tomba è più complicata da spostare) e permettono di essere usate in vari modi. Lori Cronin ha raccontato all’Economist di aver fatto mettere le ceneri della madre dentro degli orecchini: «Così posso portarla sempre con me». La società canadese SecuriGene offre, a chi paga 500 dollari, una capsula di acciaio inossidabile contenente il DNA del defunto. La società Ascension Flights permette invece di mandare le ceneri dei morti nella stratosfera: il pacchetto base costa un po’ meno di mille euro.
L’Economist ha raccontato come è stata vissuta la questione-cremazione a una recente convention americana della NFDA, l’associazione di categoria di chi opera nelle imprese funebri. Ha scritto che «la separazione del corpo dalla cerimonia è vista come un fenomeno preoccupante», perché toglie una sorta di implicito legame tra i servizi offerti al corpo del defunto e i riti collegati alla sua sepoltura. L’Economist ha anche scritto che ci sono corsi per insegnare a chi lavora nelle imprese funebri cosa dire per convincere le persone che la cremazione non sia poi così vantaggiosa, dicendo anche che non c’è modo di sapere davvero se le ceneri siano effettivamente quelle del defunto.
La religione non è più quella di una volta
L’Economist ha scritto che a chi organizza funerali negli Stati Uniti capita ormai di prevedere consegne di pizze, cocktail e karaoke; che c’è chi preferisce definire la cerimonia “celebrazione della vita” e che c’è chi sceglie di sparare in cielo le ceneri tramite dei fuochi d’artificio. La cremazione diretta negli Stati Uniti permette tra l’altro di fare un rito o una cerimonia quando-dove-e-come si vuole, in un momento diverso da quello della cremazione. Simon Cox, portavoce della grande impresa funebre britannica Dignity, ha detto: «L’austero funerale vittoriano sta pian piano lasciando il posto a celebrazioni allegre e personali».
Internet e tutto quello che ci si può fare
Un tempo, ha fatto notare l’Economist, le imprese funebri «avevano clienti che facevano poche domande, e le imprese funebri ne facevano poche ai clienti: protestante o cattolico? Bara aperta o chiusa? E, in certe parti del mondo, sepoltura o cremazione?». Le cose stanno cambiando: «Ora c’è una nuova generazione di clienti che non vuole più consegnare i propri defunti all’impresa funebre più vicina, senza nemmeno pensarci. I nuovi clienti si guardano intorno, e trovano nuove soluzioni, catene di alberghi che “fanno” funerali, urne o feretri in vendita su Amazon».
Per ora i dati di vendita di urne e bare online non sono immensi, ma sono comunque una possibilità, fosse anche solo per rendersi conto dell’esistenza di alternative meno costose. Ed è un problema per le imprese funebri che, secondo i dati della NFDA, ottengono un terzo dei loro profitti dalla vendita di prodotti (e non dall’offerta di servizi). Internet serve anche per guardare su Google o Yelp le recensioni delle pompe funebri (sì, ci sono) o per trovare siti che si occupano della cosa: negli Stati Uniti c’è per esempio Funeralocity, che confronta i prezzi di diverse società; in Italia c’è invece l’app iCircle. Tra le tante opzioni messe a disposizione da internet ci sono anche i live streaming dei riti funebri e società che offrono video non diversi da quelli di un matrimonio.
Le altre possibilità
Tra quelli che stanno provando a adattarsi al cambiamento ci sono Jimmy Olson, che in Wisconsin, negli Stati Uniti, ha trasformato due cappelle in sale da ricevimento, e Walker Posey, che ha un’impresa funebre ma vuole ampliare l’attività e occuparsi anche di “celebrazioni di vita” come matrimoni e battesimi. Mark Musgrove, in Oregon, vende spazi per urne in «un bus Volkswagen adattato a tema hippy». Musgrove ha detto: «Il bisogno di lutto è lo stesso, devi solo trovare nuovi modi per far sì che si esprima. Una foto fatta insieme a una grigliata potrebbe essere più significativa di guardare un corpo morto».
Tra le possibilità proposte negli ultimi anni c’è anche quella fatta in funzione dell’ambiente. Jimmy Olson, la cui impresa funebre è specializzata in “funerali green“, ha detto: «Per qualcuno che ha passato la vita a riciclare e a guidare una Prius, è strano essere sepolto nel cemento, in una bara sigillata con la plastica, con il corpo pieno di cose chimiche. L’Economist ha scritto che il legno usato in un anno negli Stati Uniti per le bare potrebbe essere usato per costruire duemila case, e che solo per le sepolture sono usate 1,6 milioni di tonnellate di cemento. Ma anche la cremazione crea problemi all’ambiente: una cremazione consuma quanto 20 ore di viaggio in auto.
Alcune imprese funebri, soprattutto in Nordamerica, hanno iniziato a proporre l’idrolisi alcalina, un’alternativa alla cremazione, che viene svolta non bruciando il corpo ma sottoponendolo a un trattamento fisico e chimico che scioglie organi e tessuti e successivamente polverizza le ossa. Viene proposta come alternativa alla cremazione più sostenibile a livello ambientale ed è chiamata “biocremazione”, “cremazione verde” o anche “cremazione con l’acqua”. Joe Wilson, della società Bio-response Solutions, ha detto che la “cremazione senza fiamme” è scelta per motivi ecologici ma anche perché, rispetto alla cremazione, è vista come un’alternativa più gentile nei confronti del defunto.